Voltaire

Voltaire rappresenta uno dei più significativi filosofi dell’Illuminismo francese. Le sue osservazioni canzonatorie su alcuni membri dell’aristocrazia lo portarono più volte per breve tempo in prigione o temporaneamente in esilio.

“Il Candido” o “L’Ottimismo”, comparve nel 1759. A causa del suo assurdo sviluppo basato su una serie di episodi tra loro molto diversi e semplicemente accostati, che avrebbero potuto appartenere ad un qualsiasi romanzo picaresco, ricorda testi come “Lazarillo de Tormes” o “L’avventuroso Simplicissimus”. Candido cresce nel castello di Thunder-ten-tronckh (il nome si deve ad una lunga permanenza di Voltaire in Inghilterra). Alcune voci sostengono che egli sia il figlio illegittimo della sorella del signore del castello. La signora del castello ha una figlia e quando incomincia ad esserci qualcosa tra quest’ultima e il ragazzo, egli viene allontanato del castello. Da questo momento comincia il suo girovagare attraverso il continente: diverse situazioni ed attività, dove i vari episodi sono tenuti insieme solo da una successione di luoghi. Significativo in questo senso è il venticinquesimo capitolo. Candido e Martino, un erudito, che ha conosciuto nel Surinami ed al quale ha pagato il viaggio in nave per avere compagnia durante la traversata, vanno in visita di Graf Prococuranté presso il suo castello. Il romanzo rappresenta in primo luogo un attacco ad ogni forma di pensiero ottimista. Gli uomini sono crudeli, avidi, scaltri, la natura è violenta. Il capitolo 25 porta alla luce un aspetto ulteriore della miseria generale. Anche la cultura, il regno del “Vero, Bello e Buono” è solo un crogiuolo di ipocrisia.

E’ dubbio se si possa considerare quest’opera come un’opposizione alla filosofia leibniziana. E’ però certo che essa rappresenti una certa inoperosità filosofica. Un Turco fa progredire con una scoperta davvero semplice le conoscenze essenziali del pensiero.

« Vous devez avoir, dit Candide au Turc, une vaste et magnifique terre ? -- Je n'ai que vingt arpents, répondit le Turc ; je les cultive avec mes enfants ; le travail éloigne de nous trois grands maux : l'ennui, le vice, et le besoin. »

« Dovete possedere un grande podere» disse Candido “Posseggo solo venti acri” rispose il Turco. Li lavoro con i miei figli. Il lavoro ci libera da tre grandi piaghe: la noia, il vizio ed il bisogno.”

L’ultima frase è decisiva. Il lavoro ci libera da tre grandi piaghe: la noia, il vizio ed il bisogno.





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